martedì 21 luglio 2015

Alla (ri)scoperta del regista ungherese Tarr Béla.

“Mai come oggi – bisogna fare i conti con Tarr Béla. Il suo itinerario sofferto, dall'esordio alla fine degli anni Settanta fino al definitivo Il cavallo di Torino (A torinói ló, 2011), si presenta compatto come una delle prove più possenti, cristalline e radicali che la storia del cinema abbia conosciuto. Lontano dai favori del pubblico, strozzato dalle leggi mercantiliste dell'industria e costretto a occupare le oasi di una cinefilia oltranzista, negli ultimi anni Tarr è divenuto oggetto di un’attenzione nuova, meno sporadica e forse più cultuale di quella finora riservatagli, i cui frutti si riscontrano persino in una certa popolarità, come testimonia il fiorire di retrospettive, interventi e saggi anche in Italia.”
Così Giuseppe Fidotta (www.filmidee.it) ci introduce all’arte del regista e sceneggiatore ungherese Tarr Béla, nato a Pécs il 21 luglio di 60 anni fa, i cui film raramente sono stati proiettati in Italia.
Una riscoperta tanto più necessaria in quanto Tarr (uno di più importanti registi degli ultimi trent’anni), dopo essere stato premiato al Festival di Berlino con l’Orso d’argento nel 2011, ha annunciato la fine della sua carriera di regista (iniziata nel 1978, con Hotel Magnesit).
Dal 2012 si dedica alla sua scuola di cinema, Film factory, a Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina) per promuovere la cinematografia indipendente. Una scelta coraggiosa e radicale, che sembra realizzare l’utopia di tenere insieme etica ed estetica. Una scelta ottimistica di speranza, che sorprende in chi – con realismo cupo e visionario – ha rappresentato nelle sue opere una umanità prossima alla fine.

È di pochi mesi fa il primo libro in Italia sull’opera di Tarr: Armonie contro il giorno. Il cinema di Béla Tarr di Marco Grosoli (bébert, 2014): una biografia di Tarr e un’analisi dettagliata dei suoi film.

Più recente la pubblicazione di un libro del filosofo francese Jaques Rancière: Béla Tarr. Il tempo del dopo (trad. Ilaria Floreano, Bietti, 2015).

Ancor prima è uscito un DVD antologico – Béla Tarr Collection (Eye Division, Cecchi Gori Hme Video) – di alcuni suoi film: il suo testamento artistico, Le armonie di Werckmeister (Werckmeister hármoniák, 2000), tratto dal romanzo“Melancolia della resistenza” di Krasznahorkai László; Nido familiare (Családi tűzfészek, 1977); Perdizione (Kárhozat, 1988); il kolossal L’uomo di Londra (A londoni férfi, 2007), tratto da un romanzo di Georges Simenon; Il cavallo di Torino (A torinói ló, 2011), il suo ultimo film; non manca Satantango (Sátántángó, 1994), quasi 8 ore di lungometraggio.

A gennaio 2014, invece, la cineteca di Bologna aveva promosso una rassegna dedicata all’esteta del piano sequenza, “Omaggio a Béla Tarr”.

Infine, da non dimenticare il gruppo di attori e tecnici che ha seguito a lungo Tarr: dalla coautrice e coregista di tutti i suoi film, Hranitzky Ágnes; agli attori Derzsi János e Bok Erika; al direttore della fotografia, Kelemen Fred;al creatore delle musiche dei film, Víg Mihály.

sabato 18 luglio 2015

Le parole italiane più conosciute in Ungheria.

Le parole italiane prese in prestito da altre lingue sono circa ventimila (inoltre, ci sono quelle originate dal latino).

Anche la lingua ungherese ne ha prese in prestito parecchie: il libro di Fábián Zsuzsanna e Szabó Gyózó, Dall'Italia all'Ungheria. Parole di origine italiana nella lingua ungherese (Forum edizioni, 2010) ne elenca un migliaio, a testimonianza dei lunghi rapporti culturali tra i due paesi.
Non sempre tali parole conservano stessa grafia, pronuncia o significato (falsi amici).
Inoltre, alcuni prestiti hanno origini particolari. Per es. la parola 'leporello': in ungherese (ma anche in tedesco) significa depliant, pieghevole. Questo perché nel Don Giovanni di Mozart il personaggio Leporello legge al proprio padrone un foglietto piegato a fisarmonica che contiene il catalogo delle sue imprese amorose.

Poi ci sono parole italiane che, pur non diventando prestiti in altre lingue, sono molto conosciute. Qualche anno fa la Società Dante Alighieri ha effettuato un sondaggio nei paesi dell'Unione Europea per verificare le 10 parole italiane più conosciute.
Le parole legate alla gastronomia sono le più note, seguite da quelle relative alla musica: per es. in Lettonia le prime cinque sono: 'sonetto', 'virtuoso', 'chiaroscuro', 'quintetto', 'violino'. Ma anche la scienza e l'economia hanno spazio; per es. in Estonia la parola italiana più conosciuta è 'lotteria'.

Ecco dunque le parole italiane più conosciute negli altri 27 paesi dell'UE, in ordine di notorietà: 
1. pizza
2. cappuccino
3. spaghetti
4. espresso
5. mozzarella
6. tiramisu
7. bravo
8. allegro
9. lasagne
10. risotto.

Ne seguono altre, diffuse dal cinema italiano: lotteria, dolce vita, gondola, paparazzo, gazzetta.

Non saprei se in quest'ordine, ma in Ungheria queste sono parole italiane molto conosciute. Anzi, alcune sono entrate nalla lingua ungherese, come 'pizza', 'bravo', 'capuccino', 'lotto', 'eszpresso' (questa anche modificata in presszó, col significato di caffetteria).
Anche ciao è una parola italiana molto conosciuta e addirittura utilizzata a volte per salutare. Altre parole italiane molto note in Ungheria sono banca, mafia (alla cui diffusione ha contribuito il film Il Padrino) e, naturalmente, amore.

Insomma - come si legge sul sito dell'UE - le lingue sono la ricchezza dell'Europa, e quel che le unisce è molto più di ciò che le divide.

lunedì 13 luglio 2015

Erba: concerto dedicato all'Ungheria.

Erba, una bela cittadina in provincia di Como, ha scelto di essere un luogo di cultura in occasione di Expo Milano 2015. Sono previsti concerti di musica internazionale per far conoscere meglio alcuni dei paesi presenti all'Expo.
Il 17 luglio (teatro all'aperto Licinium, ore 21) sarà la volta dell'Ungheria: ingresso gratuito. Si esibirà il Lanner kvartett, con cantanti dell'Opera di Budapest. Prima del concerto è prevista una degustazione di prodotti tipici magiari.

Una decina gli appuntamenti previsti da giugno ad ottobre, anche al Castello di Pomerio, in tal caso l'ingresso è a pagamento.

giovedì 9 luglio 2015

Italiani scelgono l'Ungheria.

Già altre volte ho pubblicato volentieri post di lettori o lettrici di questo blog. Non necessariamete esprimono il mio punto di vista, ma spero che tali collaborazioni si estendano, poiché più voci (e più storie) attraggono maggior interesse.
Il post che segue è di una giovane ragazza siciliana.
A integrazione del post, aggiungo che il riaccendersi dell'emigrazione dall'Italia è un fenomeno attuale anche in Ungheria, dove a causa di ciò la popolazione è diminuita.
Certo la crisi dell'occupazione in Italia è grave, soprattutto tra i giovani. Secondo l'ultimo rapporto dell'Ocse, l'Italia è penultima per il tasso di occupazione giovanile (52,79%); dietro c'è solo la Grecia. Tale dato, però, non è disponibile per l'Ungheria.
Comunque, l'organismo pubblico che in Ungheria si occupa di lavoro è il NFSZ, Nemzeti Foglalkozatási Szolgálat (Servizio Nazionale per l'Occupazione).

di Viviana Napoli
L’Ungheria è la nuova meta scelta dagli italiani che decidono di emigrare all’estero. La grande crisi iniziata in America nel 2007 ha in poco tempo raggiunto tutti i paesi europei e nessuno di essi è riuscito a rimanerne immune, compresa l’Italia. In un periodo piuttosto breve, quindi, il nostro paese si è visto così catapultato all’interno di un vortice di recessione, mancanza di lavoro e abbassamento della qualità dello stile di vita dalla quale sta risultando molto difficile uscirne. Dopo i vari ed inutili tentativi di miglioramento, gran parte degli italiani, vedendo crollare sotto i loro occhi la possibilità di un futuro migliore, ha deciso di “scappare” dal proprio paese. Così avviato il flusso migratorio degli italiani, diverse sono state le destinazioni scelte. C’è chi ha deciso di cambiare completamente continente, chi, invece, ha provato a sbarcare il lunario rimanendo comunque all’interno del territorio europeo.
Le mete europee più ambite degli immigrati italiani sono state quelle in cui la crisi mondiale è stata risentita meno. Tra queste vi è in primis la Germania che, grazie ad un sistema economico-amministrativo ben strutturato, è riuscita non solo a rimanere in piedi, garantendo un lavoro ed una qualità della vita piuttosto modesta ai suoi cittadini, ma a dare anche vaste possibilità a tutti gli immigrati. Inghilterra, Spagna e Francia seguono la capolista per numero di immigrati europei. Malgrado i dati e le statistiche, però, c’è un numero consistente di italiani che ha deciso di mettersi totalmente in gioco esplorando nuovi territori, spesso sottovalutati come, ad esempio, l’Ungheria. In realtà questo paese si è rivelato un territorio confortevole, all’avanguardia e ricco di risorse, quindi in grado di dare la possibilità a tutti i “casi disperati” italiani, e non solo, di poter tornare a sperare nella possibilità di un futuro migliore.
Secondo le statistiche dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) gli italiani residenti in Ungheria sono all’incirca 3.000. Questi dati naturalmente non tengono conto di tutti quegli immigrati italiani che non sono registrati all’anagrafe ungherese come, per esempio, i giovani che hanno deciso di condurre un periodo di studio più o meno breve all’interno di una delle città ungheresi.
Attenendosi a questi dati, emerge spontanea una domanda: perché questa parte di italiani ha deciso di scegliere una meta così inusuale.
Ho provato così a trovare delle ragioni valide che giustificassero questa scelta effettuando diverse ricerche e raccogliendo informazioni da chi vive in prima persona questa realtà.

Tra questi vi è M., un giovane italiano che, dopo un periodo di lavoro in Francia, ha deciso di trasferirsi a Budapest perché lì riusciva meglio a conciliare lavoro e vita privata. All’inizio non è stato semplice per M. ambientarsi a causa della lingua e della moneta, ma egli afferma che ne è comunque valsa la pena, dato che Budapest è una splendida città che offre un efficiente servizio di trasporto urbano ed interurbano, un paesaggio ed un patrimonio artistico di rilevante bellezza, una popolazione cordiale, disponibile e gentile ed un costo della vita inferiore rispetto alle altre capitali europee. Tra gli aspetti positivi del trasferirsi in Ungheria elencati da M., quello che più di ogni altro mi ha fatto riflettere riguarda il fatto che in Francia l’essere immigrato aveva una connotazione negativa, mentre a Budapest ha una connotazione positiva. M. non si sente quindi inferiore ai cittadini magiari ne questi lo fanno sentire tale.

Poi è la volta di V., una giovane laureata che, dopo aver condotto un periodo di studio a Cuba, è tornata in Italia per conseguire la laurea ricevendo successivamente una proposta di lavoro a Debrecen, una cittadina di 200.000 anime dell’Ungheria, come insegnante di storia italiana. V. afferma che nel primissimo periodo, ha sofferto molto le differenze con Cuba. Niente caldo, niente belle giornate. Poi, con il tempo e con le nuove proposte di lavoro che l’Ungheria offre, si è trasferita nella capitale iniziando a lavorare per una grande multinazionale che a Budapest ha solo l’assistenza clienti. V. tiene a darci questo particolare perché intende sottolineare il fatto che gran parte delle imprese italiane tende ad investire in Ungheria per via dei costi di manodopera veramente bassi. V. conclude dicendoci che l’Ungheria è un ottimo paese in cui trasferirsi perché offre la possibilità di contratti a tempo indeterminato (ormai quasi inesistenti in Italia), perché ha un costo della vita ridotto e perché è un paese bello e vivace, con gente simpatica e gentile.

Da queste testimonianze si può dunque affermare che emigrare in Ungheria ha molti vantaggi. Nonostante sia una meta inusuale e poco conosciuta, questo paese dell’Est Europa offre paesaggi affascinanti, ospitalità, cordialità, bella gente, offerte lavorative vantaggiose e, quindi, la speranza di un futuro migliore per tutti coloro i quali intendono trasferirsi da un paese in cui la speranza non è più l’ultima a morire ma è già morta da tempo!
Tutti concordano nell’affermare che la diversità della lingua non rappresenta un limite così grande e che se si hanno davvero le idee chiare trasferirsi in Ungheria sarà un’esperienza davvero unica ed indimenticabile. Basterà organizzarsi per bene, inviare anticipatamente CV, cercare un appartamento che risponda alle proprie esigenze, farsi spedire in Ungheria il necessario (abbigliamento, elettronica, effetti personali di vario genere), salutare amici e parenti ed infine partire per questa nuova avventura.

Naturalmente le esperienze sopra citate rappresentano solo una parte di ciò che realmente significa vivere in Ungheria. Esisteranno sicuramente casi meno fortunati, ma ovviamente ognuno dice la propria a seconda di quanto ha vissuto. Oggi sono tantissimi i blog/forum in cui gli immigrati italiani in Ungheria si ritrovano, si confrontano e si scambiano informazioni ed il tutto risulta molto utile ma rappresenta comunque solo la messa a disposizione di casi singoli e personali.
Se davvero si vuole sapere se trasferirsi in Ungheria sia un’azione da cui trarre vantaggio e se possa realmente piacere bisogna vivere di persona questa esperienza. Allora siete pronti?



martedì 7 luglio 2015

IL LIBRO DEI PROVERBI: ultima edizione!

Una sfida alla critica [accademica]”, questo sarebbe il mio libro di proverbi ungheresi (tradotti) secondo un docente italiano di magiaristica. Insomma, la mia iniziativa editoriale sarebbe una specie d'intrusione in un mondo a me estraneo e da cui sarebbe stato meglio tenermi alla larga. Questo sembra il messaggio tra le righe.

Devo aggiungere che, invece, diversi altri docenti e ricercatori – sia italiani che ungheresi – hanno apprezzato il libro, che ovviamente non ha pretese di essere un testo accademico ma solo divulgativo.


È un'edizone rivista e arricchita: Expo special edition”, con 2 pagine in più (l'alfabeto italiano per ungheresi) a prezzo invariato. E una nuova presentazione nella 4a di copertina: cibo per la mente” (elgondolkodtató).


Probabilmente avrò occasione di presentarlo all'Expo 2015 il prossimo settembre, presso il padiglione ungherese, grazie all'interesse della Console generale, Timaffy Judit, e alla disponibilità della program manager, Székely Edit.

Dopo l'estate, altre presentazioni pubbliche sono previste – come in passato – con associazioni italo-ungheresi o biblioteche civiche (Bologna, Genova, Firenze, Milano).



Cosa c'entra con Expo questo libro?

Beh, l'uomo è l'unico animale che si ciba anche di… parole!

Come scrivo nella nuova presentazione: Il problema dell’alimentazione nel mondo ha bisogno – più che di maggiore produzione – di nuove idee e culture per migliorare il modo in cui il cibo è prodotto, distribuito, consumato. Ma ha anche bisogno di un po' dell’antica saggezza.

Inoltre, poiché il libro – oltre che una curiosità fililogica (la prima raccolta in Italia di proverbi ungheresi) – è anche un'introduzione alla lingua magiara, può essere uno dei biglietti da visita dell'Ungheria per i visitatori italiani, ma anche per quelli ungheresi poiché si tratta di un libro bilingue (kétnyelvű könyv).

Insomma, anche così si può contribuire a costruire ponti tra i popoli, favorendone la conoscenza reciproca e le relazioni amichevoli, in spirito di fratellanza (testvérség).

mercoledì 1 luglio 2015

Proverbio/detto ungherese del mese (1027).

A legjobb védekezés a támadás, la miglior difesa è l'attacco, in ungherese come in italiano.
Sembrerebbe un consiglio strategico. Forse è un detto di origine cinese: Sun Tzu espone analogo concetto ne L'arte della guerra, dove però avverte che “quando sei inferiore in tutto, se puoi ritirati”. Ma credo che sia male interpretato. Dipende dal contesto, sia in guerra, sia in altri confronti o conflitti collettivi. Ricordo bene come l'Inter si aggiudicò la Champions League nel 2009-10, sconfiggendo in finale il Bayern, ma sopratutto eliminando il Barcellona con una spregiudicata tattica difensiva.

Ma restiamo nel campo delle relazioni interpersonali, verbali (escludiamo quindi la violenza fisica, per difendersi dalla quale servirebbe comunque un impegnativo addestramento).
Pare più consigliabile che una persona colta in fallo riconosca l'errore e cerchi di non ripeterlo. Spesso però avviene che l'orgoglio prevalga sulla ragione, così chi è in torto attacca per non essere criticato: un atteggiamento in mala fede, che non salva neppure l'autostima.
Arthur Schopenhaur, nel breve saggio L'arte di ottenere ragione, illustra 38 stratagemmi e relative contromosse per avere ragione, che la si abbia o no. Purtroppo (dico purtroppo in quanto la verità e la falsità vengono così messi sullo stesso piano), sono tanti coloro che – consapevolmente o meno – utilizzano uno dei modi indicati da Schopenhaur per prevalere nelle discussioni, in particolare politiche o d'affari.
Non ci resta che tenere a mente un aforisma di Dashiell Hammet – “esistono due maniere di pensare a questo mondo: quella che ti porta ad avere ragione nelle discussioni e quella che ti porta a scoprire le cose” – e riuscire a distinguere le persone in base a tali due modi, opposti, di pensare.